LA PERLA DI LATTE ALLA CORTE DEI BORBONI: LA STORIA DELLA MOZZARELLA
Nel cuore della pianura campana, tra argini, canali e terreni alluvionali, nasceva secoli fa una produzione casearia che avrebbe lasciato un segno profondo nella gastronomia italiana. È qui, tra le acque lente del Volturno e del Sele, che la bufala mediterranea trovò terreno fertile: il suo latte ricco diventò la base per un formaggio che, con la sua lucida perfezione bianca, conquistò tavole aristocratiche e cucine casalinghe.
Il formaggio che oggi chiamiamo “mozzarella” ha radici antiche. I primi casi documentati di latte di bufala trasformato in formaggio risalgono al XII-XIII secolo, quando nei conventi della regione si offriva ai pellegrini una “mozza” o “provatura”, pallina di pasta filata fragrante e fresca. Col passare dei secoli la tecnica si affinò: la pasta filata veniva “mozzata”, ossia tagliata con le mani, per ottenere la tipica forma tondeggiante dalla pelle sottile e dal cuore cremoso.
Fu però nel Settecento, sotto l’egida dei sovrani borbonici del Regno di Napoli, che la mozzarella assunse un nuovo ruolo: quello di eccellenza della corte. Alla grande tenuta reale di Reggia di Carditello, in provincia di Caserta, venne istituito un allevamento sperimentale di bufale e un caseificio destinato a servire le cucine reali. In questo ambiente regale, la “perla di latte” varcò i confini locali per entrare nel gusto raffinato dell’aristocrazia, acquisendo prestigio e visibilità.
La forma che oggi riconosciamo – bianca, lucente, dalla consistenza elastica e dal sapore dolce-latte – è frutto di una lavorazione manuale tradizionale: il latte appena munto viene coagulato, la cagliata lavorata a “pasta filata”, poi plasmata, tagliata, immersa in acqua tiepida e infine maturata brevemente in salamoia. Il nome stesso “mozzarella” deriva dall’azione di mozzare la pasta filata.
Con l’Unità d’Italia, la mozzarella – finora pietanza di élite – iniziò a entrare nei mercati delle città e nei consumi più ampi, preservando però salde le sue radici territoriali. Oggi rappresenta uno dei simboli dell’eccellenza campana: un connubio di natura, tecnica e storia. Quando ne assaporiamo una pallina fresca, ricordiamo che stiamo gustando non solo un formaggio, ma la testimonianza di una tradizione che univa pascoli, corte reale e abilità artigiana.
Questa storia, fatta di acqua, latte, caseifici regali e mani sapienti, si racconta nella mostra dedicata alla mozzarella: un racconto che dall’allevamento borbonico giunge fino alle tavole moderne, passando attraverso epoche, stili di vita e territori. La “perla di latte” non è solo un formaggio: è memoria, gusto e cultura in un solo boccone.