RAPPORTO DI FPS: NAPOLI PIÙ ATTIVA IN CAMPANIA PER INVESTIMENTI IN SPESA SOCIALE

Presentata l’analisi di Fondazione per la Sussidiarietà sul welfare territoriale. La riflessione sul futuro dello Stato sociale
“Con 132 euro per abitante ricevuti, la città di Napoli si conferma la più attiva in Campania per gli investimenti in spesa sociale. Ciononostante, il dato non basta a colmare il divario con la media nazionale, che rimane un obiettivo sfidante per l'intera regione. Secondo gli ultimi dati ISTAT la spesa regionale per il welfare si attesta a 71 euro pro capite, a fronte dei 147 euro registrati a livello italiano nel 2022”.
È quanto emerge dal Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), “Sussidiarietà e… welfare territoriale”, presentato oggi nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo a Napoli nell’ambito dell’evento “Equità e sviluppo: il futuro dello Stato sociale”.
Sono intervenuti: il Sindaco di Napoli e Presidente ANCI; Elena de Filippo, Presidente cooperativa sociale Dedalus; Pierciro Galeone, Direttore IFEL; Laura Lega, Consigliere di Stato; Tommaso Montini, Presidente provinciale UNICEF Napoli; Giovanni Pitruzzella, Giudice della Corte Costituzionale; Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
“Malgrado Napoli abbia tante aree di sofferenza per quanto riguarda le situazioni della marginalità, siamo una delle città che riceve i trasferimenti di risorse più bassi. Dobbiamo fare in modo – ha evidenziato il sindaco – che ci sia un welfare integrato, anche in grado di attrarre risorse, per garantire equità e coesione sociale. C’è poi un tema organizzativo che non riguarda solo Napoli. Abbiamo la necessità di avere una struttura del welfare che garantisca servizi continuativi e non servizi a bando, in maniera tale da avere una rete permanente in grado di dare risposte ai bisogni delle persone”.
“Investire sullo stato sociale, sulla sua universalità e inclusività, non è solo un dovere di solidarietà verso i più fragili, ma significa anche costruire società più coese, sistemi più resilienti e una crescita economica più stabile – ha affermato Giorgio Vittadini, Presidente di FpS –. È venuto il momento di rinnovare il patto sociale che ci unisce, con la cultura della sussidiarietà, che è ricerca del bene comune attraverso la messa a sistema del contributo di tutti. Più società e più Stato insieme”.
Il Rapporto analizza il welfare italiano, in particolare quello territoriale, ovvero l’insieme dei servizi sociali di competenza dei Comuni che comprendono l’assistenza verso anziani, famiglie e soggetti minori in stato di bisogno, disabili, soggetti affetti da dipendenza, indigenti, persone emarginate dal lavoro.
Il Rapporto mostra che la spesa familiare privata degli italiani per il welfare (salute e assistenza ad anziani e disabili) nel 2024 è stata di circa 138 miliardi di euro, ovvero quasi 5.400 euro per ciascun nucleo. Un impegno consistente, che colma il vuoto lasciato in molti settori dall’intervento pubblico. Anche se la Penisola è al secondo posto in Europa per la spesa sociale, con circa 620 miliardi di euro, pari al 30% del prodotto interno lordo, la spesa non basta a offrire servizi soddisfacenti, visto che, sempre secondo il Rapporto sulla sussidiarietà, negli ultimi tre anni una quota significativa (oltre il 67%) di chi ha richiesto assistenza ha incontrato difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi del welfare territoriale.
Povertà e disuguaglianza, che i servizi di welfare sono chiamati a limitare, stanno peggiorando: il 5% delle famiglie possiede il 46% della ricchezza, mentre quasi il 10% della popolazione è in difficoltà. Particolarmente grave la situazione delle famiglie con persone disabili: oltre un quarto (28,4%) è a rischio povertà o esclusione sociale. La ricerca segnala la disomogeneità della spesa, con una crescente disparità territoriale tra Nord e Sud, tra aree urbane e periferiche, e tra zone interne e non.
L’attuale sistema di welfare non è ben visto dagli italiani. Solo il 38% dei cittadini promuove le politiche per la lotta alla povertà e al disagio sociale.
Nel nostro Paese le prestazioni pensionistiche (vecchiaia, invalidità e reversibilità) assorbono quasi la metà delle risorse del welfare, mentre alle politiche sociali (famiglie e minori, disabilità e disoccupazione) è destinato meno del 20%. La sostenibilità nel lungo periodo appare critica.
Il welfare territoriale in Italia è caratterizzato da un complesso reticolo istituzionale, con competenze distribuite tra Stato, Regioni e Comuni, carenza o assenza di coordinamento e potenziali conflitti. Una situazione che causa sovrapposizioni, sprechi e inefficienze.
Il sistema è sbilanciato verso il trasferimento monetario rispetto alla più efficace offerta di servizi; è incentrato sull’offerta di servizi parcellizzati e non sulla presa in carico della persona; il rapporto pubblico-privato sociale è troppo soggetto alle regole di mercato; manca un sistema di monitoraggio dei bisogni e di valutazione della qualità dei servizi.
Dal Rapporto emerge l’importanza di passare da una visione “amministrativa” dei bisogni a un approccio olistico che riconosca la complessità e la specificità delle esigenze individuali e comunitarie, mettendo al centro la persona.
Il Rapporto contiene alcune proposte per migliorare la situazione: la presa in carico della persona, che parta dalla valutazione del complesso dei suoi bisogni per poi individuare il piano di servizi più appropriato; la progettazione integrata dei servizi e un sistema di valutazione della loro qualità; la creazione di centri territoriali per servizi integrati e accessibili; una regia centrale dei flussi di spesa, l’incremento delle risorse, con investimenti sul capitale umano; il rafforzamento della collaborazione tra pubblica amministrazione e Terzo settore che parta dell’analisi dei bisogni ed esca dalle logiche di mercato.
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